4.La porta di casa. L’impegno della famiglia nella società e nella Chiesa
Continua la rubrica a cura di don Francesco Pesce dedicata alle piccole chiese domestiche e che contiene riflessioni particolarmente preziose nell’anno voluto da Papa Francesco, dedicato alla famiglia.
Accoglienza è il tema della puntata odierna. La porta di casa è “chiusa” quando volontariamente la famiglia si estranea da tutto ciò che avviene all’esterno, esorcizzando i problemi del mondo.
“Tempi di custodia e di cura della vita familiare”, d’altronde, sono legittimi. Ma l’autosufficienza, avverte don Francesco può essere un rischio. Nell’enciclica “Fratelli tutti”, dove vengono affrontati i temi della fraternità e dell’amicizia nella società, Papa Francesco esalta la capacità di accoglienza della coppia. E condanna quegli “intimismi egoistici con l’apparenza di relazioni intense”. Gli sposi che si chiudono senza coltivare amicizia e relazioni in società peccano di egoismo (FT, 89).
L’impegno nella società e l’impegno nella Chiesa è parte integrante dell’essere famiglia. La solidarietà verso gli altri è un vero è proprio “ministero” specifico che va esercitato dai coniugi.
Promuovere un’attenzione nei confronti della famiglia da parte delle istituzioni, quindi in ambito politico, è un altro impegno che va perseguito sempre. Una solida formazione sui principi sui quali si basa la Dottrina Sociale della Chiesa dovrebbe essere inclusa nei corsi di preparazione al Matrimonio e l’associazionismo dovrebbe essere incoraggiato. Con opportune forme di aggregazione si possono proporre, insieme e con più forza, istanze nella più ampia società civile, istanze che altrimenti non sarebbero prese in considerazione. E anche la comunità cristiana può e deve essere animata e sostenuta dalle piccole comunità domestiche.
Quello che “al di la della porta” di casa, conclude don Francesco Pesce, è parte della casa stessa. E proprio in famiglia occorre non dimenticare di “recuperare la prossimità, il prendersi cura, il saluto”. Gli altri, e primariamente quelli che condividono il nostro piccolo spazio, tra le mura di “casa nostra” devono essere destinatari del nostro affetto e della nostra attenzione (AL, 276). Solo nella promozione costante di questo “riconoscimento reciproco” possiamo acquisire quei comportamenti che ci consentono di abitare il mondo, la nostra “casa comune”.